Quest’anno ricorre il 32° anniversario della nascita al cielo di don Pietro Margini, fondatore del movimento Familiaris Consortio. Sabato 15 gennaio il vescovo di Reggio Emilia, sua ecc. mons. Camisasca, chiuderà la fase diocesana del processo di beatificazione di don Pietro.
Omelia (8)9 gennaio 2022 (don Sergio)
In questa occasione ho preferito scrivere, so che perde un po’ in efficacia ma mi è parso importante fare così, abbiate pazienza.
La storia è un grande mistero: fiumi di bene ed echi di male la percorrono attraverso la vita di tanti, attraverso la libertà di ciascuno. E’ bello ricordare don Pietro Margini, ed il bene che Dio ha generato attraverso di lui, in questa festa del battesimo di Gesù.
Nella vita di Gesù ci sono due battesimi.
Quello di cui facciamo festa oggi: Gesù partecipa alla nostra penitenza e conversione. Il figlio di Dio fatto carne ha assunto tutta la nostra umanità, eccetto il peccato, perché il peccato non appartiene essenzialmente alla nostra umanità, come Dio l’ha creata e come la redime, anche se il peccato in questa nostra storia ferita ci è addosso come una specie di «seconda natura», da cui non possiamo liberarci da soli.
Gesù, senza peccato, ha voluto con noi fare penitenza. Qual è la missione di Gesù? Vivere da amato («questo è il Figlio mio, l’amato», in greco o agapetòs), vivere da amato dentro la nostra vita umana avvelenata dal mistero del male. Qual è la nostra conversione? Credere all’amore di Dio (cfr. 1Gv), anche contro ogni apparenza.
Gesù sperimenta tutto il peso di fare stare, per così dire, l’umanità dentro la vita divina, la volontà dell’uomo nella volontà di Dio, sperimenta la fatica della consapevolezza di essere l’amato in tutte le situazioni avverse.
E questo si compirà nell’altro battesimo della sua vita fino alla fine, potremmo dire, quello fondamentale, in cui poi anche noi siamo battezzati. Altrove dice «Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!» (Lc 12, 50). Come si fa da uomo a stare dentro la volontà di Dio quando questo comporta l’angoscia, la croce, la desolazione, il tradimento, l’ingiustizia? Come si fa a vivere da amato sulla croce? Questa è la grande missione di Gesù.
E cos’è il battesimo che noi abbiamo ricevuto? «Immersione» nella Pasqua di Cristo Gesù, nella sua passione, morte e risurrezione. In Lui unico Figlio diventiamo figli, siamo attirati nel suo corpo, la Chiesa, la comunità dei suoi discepoli sparsa su tutto il mondo, siamo guariti dal peccato originale e perdonati di tutti gli altri peccati. Anche noi in Lui ascoltiamo il Padre: «tu sei il figlio, l’amato, sei il mio compiacimento».
Il battesimo è l’inizio reale della santità, della vita santa di Dio in noi. Questa è una cosa a cui don Pietro, con la Chiesa, ha creduto fortemente. A ognuno è offerta gratuitamente la santità, ognuno è chiamato alla santità, cioè alla pienezza dell’amore. Ad ogni età, in ogni condizione, in ogni stato di vita, in ogni situazione: tu oggi sei chiamato ad una vita piena nell’amore. Sei sposo? Sei sacerdote? Sei vergine? Sei giovane? Sei anziano? Sei un bambino? Un ragazzo? Ti pare che la tua vita sia sospesa? Sei nella gioia? Sei nel dolore? Sei nel disordine? Oppure presumi di essere giusto? Ama e lasciati amare, impara la determinazione dell’amore che sta ferma, stabile su Dio che è amore (cfr. 1Gv).
L’amore, per non essere una parola vuota, chiede ciò che lo costituisce: una comunione di vita, chiede una comunità. L’amore lega: chi ama, desidera vivere con le persone che ama. Anche questo don Pietro, con la Chiesa, l’ha creduto fortemente. E ha dato forma ad un metodo, che per certi aspetti può sembrare un’ovvietà, in fondo io direi che, in ciò che è essenziale, è il metodo di Gesù, anche se poi ci possono essere tante forme. Metodo (meta hodos) significa «fare strada dietro», seguire. Seguiamo Gesù nella carne dei nostri fratelli e sorelle. Don Pietro insieme ad alcuni giovani fidanzati ha dato origine a delle comunità di fede e di vita in Cristo Gesù: a delle scuole di libertà e di amore, perché sono tanto più libero e capace di amare, quanto più questo si manifesta nella concretezza della carne dei miei fratelli, dei miei amici.
C’è ancora un tema che vorrei riprendere. Nella seconda lettura, dalla lettera di san Paolo a Tito, siamo stati invitati a vivere con «sobrietà». Don Pietro ad esempio presentava i consigli evangelici come strada proposta ad ogni discepolo di Gesù.
- Povertà. Quante volte i nostri beni, parlo anche per me, diventano preoccupazione piuttosto che occasione di fiducia e di bene!
- Castità. Quando è morto don Pietro non c’era ancora l’invasione pervasiva del sesso come la conosciamo oggi, pensiamo alla diffusione della pornografia avvenuta con il web, di cui parliamo troppo poco. C’è la pornografia in senso proprio che piega il corpo ed il sesso ad una distorsione per proprio piacere o utilità, ma permettetemi di dire che c’è anche una sorta di pornografia dei sentimenti e delle emozioni forse per certi aspetti ancora più grave della pornografia delle immagini: quanto tempo perdiamo a guadare le vita di altri, ad emozionarci con la fiction, a seguire le storie sui social, a messaggiare inutilmente solo per non saper custodire il proprio mondo interiore.
- E poi obbedienza. L’obbedienza è un legame: chi non obbedisce a nessuno, è più facile che obbedisca a se stesso piuttosto che a Dio.
La sobrietà allora è quella capacità di custodia del cuore e delle relazioni che permette di non essere dei dipendenti, per godere autenticamente della vita. Dipendenti da tanti beni per non sapere più gioire di tutto quello che abbiamo, di avere paura di perdere, paura di vivere e di morire. Dipendenti dal corpo e dal sesso per non sapere più incontrare autenticamente le persone. Dipendenti dalle emozioni per non sapere più comprendere cosa sia l’amore e ritrovarci incapaci di intraprendere un cammino vigoroso e stare con gioia dentro la nostra vita quotidiana. Dipendenti da tanti servizi di cui siamo destinatari e che ci chiudono nella nostra solitudine, per non essere più capaci di intessere legami forti e reali, legami che chiedono una libera obbedienza.
E, a riguardo di questa sobrietà, vorrei indicare due strade su cui don Pietro ha insistito molto e che sono profondamente intrecciate tra di loro.
La strada della preghiera di meditazione attraverso la lettura dei grandi padri, dottori, maestri dello spirito nella tradizione della Chiesa. La preghiera, la conversazione con Dio, è la priorità di ogni cristiano. Finché la preghiera è briciole, non stupiamoci della nostra lontananza da Dio. La preghiera è il tuo primo lavoro, prima di ogni altro lavoro, è la tua prima vocazione, prima di ogni altra vocazione. E non ogni preghiera è uguale. In un tempo di cambiamento d’epoca come il nostro, abbiamo bisogno di una grande intelligenza della fede, di un vero discernimento degli spiriti, per questo la meditazione è particolarmente importante. Se non leggi libri autenticamente spirituali di vita cristiana, è molto difficile che tu possa essere un discepolo di Gesù.
E insieme a questo la direzione spirituale (paternità spirituale, accompagnamento spirituale). E’ un dono grandissimo, per quanto solo un piccolo strumento che intende aprire all’opera dello Spirito nella nostra vita. Ma anche qui, bisogna che siamo molto chiari: se non preghi, non ha senso fare direzione spirituale, perché la direzione spirituale è fondamentalmente verifica della preghiera, cioè aiuta a fare verità nella tua relazione con Dio, che è ciò che sei.
Non abbiamo paura di Gesù, non abbiamo paura di metterlo al primo posto, non abbiamo paura della santità, non abbiamo paura di comprometterci con qualcuno nella vita di comunità. Grazie Signore Gesù per don Pietro che ha creduto con perseveranza in tutto questo.